Plastic free: definizione e soluzioni

La soluzione plastic free al problema della plastica

Letteralmente significa plastica libera o liberi dalla plastica.
Il plastic free non è una moda, bensì una mentalità…ma più di tutti, una necessità per contribuire a rendere più pulito e migliore il pianeta dove viviamo.
Ultimamente, ci si è soffermati parecchio sui danni causati dalla plastica nell’ambiente che ci circonda…ma andiamo per ordine!!
La plastica, di per sé, non sarebbe dannosa. Costituisce, invero, un materiale pratico e utile. Ovvio, se parliamo di materiale igienico, i classici vetro e acciaio rimangono tuttora più sicuri ed igienici. Riscaldando cibo in contenitori di plastica, infatti, o lasciando una bottiglia d’acqua di plastica dentro la macchina al sole (non fatelo mai, mi raccomando), può costituire un serio pericolo per la nostra salute. Di contro il vetro, dal punto di vista delle caratteristiche proprie, potrebbe rompersi e causare danni talvolta seri, a differenza della semplice bottiglia di plastica che, cadendo a terra ad esempio, non comporta alcuna conseguenza.

Ad ogni modo, i dati riguardanti la produzione della plastica sono impressionanti:
• 250 milioni di tonnellate annue prodotte
• 8% circa del petrolio mondiale richiesto per la produzione della plastica
• 3% (soltanto) della plastica prodotta viene riutilizzato (dato alquanto sconcertante)
• 8 milioni di materiale plastico che finisce in mare ogni anno (…devastante!!)

A fronte di quest’ultimo dato, l’abbandono (spesso voluto) di questo materiale nell’ambiente costituisce la prima causa di degrado ambientale. Ma il problema più rilevante della plastica si riscontra nella fase di smaltimento, dove noi tutti conosciamo gli enormi danni che la diossina (plastica bruciata che sale in cielo e che ricade al suolo attraverso la pioggia) provoca al nostro organismo e sulla Terra (intesa come pianeta, o semplicemente come terra del nostro giardino, piuttosto che l’orto di casa).
Purtroppo, negli anni, l’abuso esasperato di questo materiale ne ha ridotto il valore che aveva in principio. L’usa e getta inappropriato ed in particolare la scorretta gestione finale del materiale, ha contribuito a creare un grandissimo squilibrio ecologico e fatto emergere un problema di dimensioni imbarazzanti. Un utilizzo moderato, il riutilizzo dello stesso contenitore di plastica e il riciclo corretto di questo materiale, contribuirebbero ad una diminuzione importante della produzione di plastica, ma in particolare, ad una riduzione delle emissioni nell’aria.

Come dicevamo? Smaltimento e abbandono? Oppure, minore impatto ambientale?

Immagini come queste dovrebbero far riflettere sulle condizioni in cui versano i nostri fiumi e mari quando la plastica viene abbandonata o gettata in maniera incurante. Il dolo (o se vogliamo essere magnanimi, la negligenza) che le persone adoperano gettando bottiglie di plastica nei campi, lungo i fiumi o per le strade di campagna, causa un vero e proprio disastro all’ecosistema ambientale. Purtroppo non esiste ancora in natura, materiale in plastica biodegradabile e sicuro al 100% (che si decomponga cioè, nell’ambiente, senza causare danni).

Le bioplastiche (plastica ottenuta previo utilizzo di vegetali quali mais e patata) costituiscono un enorme passo avanti rispetto a quella tradizionale, seppure la plastica biologica riscontri alcuni problemi nella fase di “compostaggio”: si parla di tempi di deterioramento intorno ai 3 mesi, con conseguente proliferazione, in certi casi, di muffe (siamo di nuovo da capo a piedi essendo, la muffa, anch’essa una sostanza tossica). A fare la differenza potrebbe essere il buon senso di ognuno di noi nel comprendere quanto di meglio potremmo ottenere, cambiando atteggiamento e decidendo in modo consapevole, di utilizzare cestini e contenitori messi a disposizione di tutti per la raccolta dei rifiuti in genere (e plastica nello specifico) e non buttandola in giro, ignorando il danno che possiamo causare…A NOI STESSI per giunta (quanto siamo controversi, a volte!!)

Questo, ovviamente, non vuole essere un monito per nessuno in particolare. Né tantomeno, si vuol dare lezione di galateo ambientale, in materia, distribuendo briciole di saggezza. Quello che preme sapere è che nel nostro ambiente sono presenti i più svariati materiali possibili e che, tra questi, la corretta gestione della plastica incide tantissimo sul mantenimento della salute del pianeta.

Ciò premesso, le soluzioni per il recupero della plastica esistono e se ne stanno scoprendo sempre di nuove.

Ultimamente, alcuni studiosi (tra cui una start up di due ingegneri italiani, Fabio Dalmonte e Mauro Nardocci), hanno inventato raccoglitori di grandi dimensioni che galleggiano e si staccano per parecchi metri dalla riva dei fiumi e dei canali (operando, quindi, a monte del problema e non a valle), che hanno la funzione di fermare tutta quella plastica lasciata in giro (buste, bottiglie ed altro), per poi essere recuperata e smaltita. Vi ricordate di quegli 8 milioni di materiale plastico che finisce in mare ogni anno? Il contributo che questi due ingegneri stanno dando (insieme a tanti altri), per risolvere il problema, è notevole.